Tracce di Sacro
mostra fotografica di Alessandro Bartolini
Museo Archeologico del Casentino “Piero Albertoni” – Bibbiena (AR)
17 marzo / 30 giugno 2024
mostra fotografica di Alessandro Bartolini
Museo Archeologico del Casentino “Piero Albertoni” – Bibbiena (AR)
17 marzo / 30 giugno 2024
I tabernacoli, le edicole, le nicchie non sono un’invenzione recente. Non sono neppure l’espressione peculiare della pietà popolare cristiana.
Per rintracciarne l’origine, bisogna risalire almeno agli antichi ebrei. Nella loro lingua il termine tabernacolo indicava il santuario portatile o tenda, in cui questo popolo nomade conservava gli oggetti sacri, in particolare l’arca. Gli antichi romani, discendenti dal dio della guerra, usavano questo nome per designare la tenda costruita perché il comandante militare potesse ricevere e decifrare gli auspici. I cristiani non hanno fatto che sviluppare il senso religioso del nome tabernacolo, rendendolo il luogo in cui custodire non
solo immagini sacre, ma anche l’Eucaristia.
Un po’ per volta le nostre strade e le facciate degli edifici si sono popolate di tabernacoli o di nicchie con le immagini di santi ingaggiati dai devoti perché, dietro il compenso di un fiore o di un lumino, intervenissero a tempo pieno nella protezione di persone, animali e cose. I campi poi sono stati cosparsi di croci: dai punti salienti, meta di solito delle rogazioni, esse dovevano tutelare le sementi, in epoche in cui dalla resa dell’agricoltura locale dipendeva la sopravvivenza della gente.
Sono questi i “nodi cruciali” ad essere presenti con semplice bellezza: tracce di un profondo senso del sacro e del divino che segnano ancora oggi il paesaggio del Casentino, e di cui questa mostra fotografica vuole darne testimonianza.
Per rintracciarne l’origine, bisogna risalire almeno agli antichi ebrei. Nella loro lingua il termine tabernacolo indicava il santuario portatile o tenda, in cui questo popolo nomade conservava gli oggetti sacri, in particolare l’arca. Gli antichi romani, discendenti dal dio della guerra, usavano questo nome per designare la tenda costruita perché il comandante militare potesse ricevere e decifrare gli auspici. I cristiani non hanno fatto che sviluppare il senso religioso del nome tabernacolo, rendendolo il luogo in cui custodire non
solo immagini sacre, ma anche l’Eucaristia.
Un po’ per volta le nostre strade e le facciate degli edifici si sono popolate di tabernacoli o di nicchie con le immagini di santi ingaggiati dai devoti perché, dietro il compenso di un fiore o di un lumino, intervenissero a tempo pieno nella protezione di persone, animali e cose. I campi poi sono stati cosparsi di croci: dai punti salienti, meta di solito delle rogazioni, esse dovevano tutelare le sementi, in epoche in cui dalla resa dell’agricoltura locale dipendeva la sopravvivenza della gente.
Sono questi i “nodi cruciali” ad essere presenti con semplice bellezza: tracce di un profondo senso del sacro e del divino che segnano ancora oggi il paesaggio del Casentino, e di cui questa mostra fotografica vuole darne testimonianza.